Call for Papers, n. 16: “Stile e filosofia”
A cura di Silvia Pieroni

In che cosa consiste la scientificità della filosofia? L’esposizione del “concetto”, per dirla con Hegel, è un’attività di tipo esclusivamente teoretico, oppure richiede anche una dimensione retorica? Un metodo scientifico rigoroso si contrappone davvero alla ricerca del cosiddetto “bello stile”? L’odierno dibattito sulla metafilosofia, erede in buona parte di quello epistemologico, tende a considerare lo stile per lo più uno strumento irrilevante con il quale semplicemente si fa filosofia, così come ogni altro genere di discorso o di scrittura. Nel migliore dei casi le questioni stilistiche vengono relegate ai margini della discussione filosofica e considerate di pertinenza della teoria dell’arte o della critica letteraria. Si preferisce pertanto ignorare l’obiezione che il fenomeno dello stile muove alla pretesa di scientificità della filosofia, anziché riflettere sulla sua necessità.
Anche lo stile più “neutro” introduce, infatti, nel discorso filosofico, che aspira all’universalità, un irriducibile elemento di singolarità. Se inoltre parliamo di criteri stilistici validi per l’esposizione e il linguaggio della filosofia si presuppone evidentemente che le norme formali siano altrettanto importanti di quelle argomentative. In tal modo si corre il rischio, per alcuni, di avvicinare la filosofia alla letteratura e di comprometterne di conseguenza l’autonomia. Eppure intendere la filosofia anche come un fenomeno di stile, secondo la provocazione del filosofo tedesco Manfred Frank, ci permette di vedere radicata nella scelta stilistica la specificità del metodo filosofico che reputa inadeguata e astratta l’opposizione tra forma e contenuto. Stando a questa prospettiva questioni secolari come il problema del genere letterario della filosofia, della dimensione retorica del discorso filosofico o del rapporto tra logos e mythos sono ancora attuali.

Il numero 16 della rivista “In Circolo” intende riflettere su questi temi indagando se e in che misura lo stile e la dimensione espositiva della scrittura filosofica siano complementari al compito argomentativo. Si invitano contributi che affrontino il rapporto tra stile e filosofia sia da un punto di vista storico-filosofico, sia da un punto di vista più strettamente teorico. Tra i possibili (ma non unici) argomenti che potranno essere trattati:
(a) Teorie filosofiche sullo stile (ad esempio, Nietzsche, Benjamin, Heidegger, Adorno, Derrida, Sartre, Merleau-Ponty, etc.)
(b) Lo stile dei filosofi
(c) Il tema dello stile nel dibattito estetologico e in quello metafilosofico contemporanei
(d) La filosofia come genere di scrittura
(e) La dimensione retorica nel discorso filosofico
(f) La filosofia in rapporto alla letteratura

Si chiede che i saggi siano inviati all’indirizzo email redazioneincircolo@gmail.com entro e non oltre il 24 novembre 2023. Si pregano inoltre i gentili autori di adeguare il proprio contributo alle indicazioni editoriali consultabili e scaricabili al link: https://www.incircolorivistafilosofica.it/per-gli-autori/

Call for Papers, n. 16: “Style and philosophy”
Edited by Silvia Pieroni

In what does the scientificity of philosophy consist of? Is the exposition of the “concept”, as Hegel puts it, only a theoretical activity, or does it require a rhetorical dimension? Does the adherence to a strict scientific method necessarily hinder the pursuit of the so-called “beautiful style”? The current debate on meta-philosophy, that shows many connections to the epistemological debate, considers style mostly as an irrelevant means to philosophizing, as well as to any other kind of discourse or writing. At best, stylistic issues are relegated to the margins of philosophical discussion and regarded as pertaining to art theory or literary criticism. Therefore, many prefer to ignore the objection that the phenomenon of style raises to philosophy’s claim to scientificity rather than reflecting on its necessity.
As a matter of fact, even the most “neutral” style introduces an irreducible element of singularity into philosophical discourse, that however aspires to be universal. If, moreover, we speak of valid stylistic criteria for the philosophical exposition and language, it is clearly assumed that formal norms are just as important as argumentative ones. This runs the risk, for some, of bringing philosophy closer to literature and consequently of compromising its autonomy. Yet, understanding philosophy as a phenomenon of style, according to the provocation of the German philosopher Manfred Frank, allows us to see rooted in stylistic choices the specificity of the philosophical method, which considers the opposition between form and content inadequate and abstract. From this perspective, long-standing issues such as the problem of the literary genre of philosophy, the rhetorical dimension of philosophical discourse, or the relationship between logos and mythos are still relevant nowadays.

The issue 16 of InCircolo is meant to reflect on these issues by investigating whether, and the extent to which, the style and expository dimension of philosophical writing are complementary to the argumentative task. We invite contributions that address the relationship between style and philosophy from both a historico-philosophical perspective and a more strictly theoretical point of view. Among possible (but not exclusively) topics to be addressed are:
(a) Philosophical theories on style (e.g., Nietzsche, Benjamin, Heidegger, Adorno, Derrida, Sartre, Merleau-Ponty, etc.)
(b) The style of philosophers
(c) The theme of style in the current aesthetic and metaphilosophical debate
(d) Philosophy as a genre of writing
(e) The rhetorical dimension in philosophical discourse
(f) Philosophy in relation to literature

Contributions are requested to be sent by email to redazioneincircolo@gmail.com The submission deadline is November 24th, 2023. Authors are kindly asked to follow the editorial guidelines available for download at: https://www.incircolorivistafilosofica.it/per-gli-autori/ 

Call for Papers, n. 15: “Pensiero della Complessità”
A cura di Roberto Arpaia

Una delle sfide essenziali che oggi viene posta al pensiero filosofico è quella di interrogarsi sulla natura e sul destino dell’uomo in un mondo in cui tutte le questioni fondamentali sono interconnesse e in cui ogni problema, per essere formulato, deve essere scomposto in una molteplicità di problemi che a loro volta danno luogo ad altri problemi. La questione sulla natura dell’umano risulta oggi più che mai inscindibile dai problemi posti dal progredire della scienza e della tecnica, dagli squilibri economici generati dai processi di mondializzazione, dalle questioni ambientali che a loro volta provocano catastrofi umanitarie e migrazioni di massa, dai conflitti geo-politici che alterano e rischiano di distruggere ineluttabilmente il delicato equilibrio tra i popoli del pianeta. Siamo così portati a prendere atto che la domanda sulla natura dell’umano sia un problema complesso, la cui corretta formulazione necessita di un approccio multidisciplinare capace di collegare ed integrare (in una parola, di “comprendere”) una pluralità di approcci, linguaggi, metodologie e punti di vista finora rimasti isolati e separati tra loro.
L’epistemologia della complessità risulta particolarmente idonea a indagare i problemi appena enunciati. Al suo cuore, infatti, vi sono le nozioni di sistema organizzato e di processo evolutivo: ogni ente è concepito come un insieme di parti inter-agenti e retro-inter-agenti (circolarità delle relazioni causali), inserito in un contesto-ambiente, il cui equilibrio è l’esito di una continua storia di cambiamenti e di adattamenti che seguono alle variazioni dell’ambiente. Tali cambiamenti adattivi, seppur causalmente determinati, non sono prevedibili o determinabili a priori, ma solo riconoscibili a posteriori.
La sfida che si pone oggi al pensiero della complessità è quindi innanzitutto quella di riuscire a ripensare ed integrare conoscenze, concetti e storie, che tra di loro sono state tradizionalmente separati o, seguendo la definizione di Edgar Morin, quella di sostituire il pensiero semplificante e separante con un pensiero dialogico, che sia in grado di pensare come complementari (e non contrapposte) nozioni che abbiamo finora pensato come mutuamente contraddittorie. Così come la meccanica dei quanti ci invita a pensare la luce come, al tempo stesso, ondulatoria e corpuscolare, il pensiero complesso ci invita a pensare come complementari ed indissolubilmente unite le nozioni di unità e di molteplicità, di tutto e di parte, di invarianza e di storicità, di ragione e sentimento, di io e di “altro”.

I seguenti sono alcuni dei temi che i contributi possono esplorare:
(a) Complessità, riduzionismo ed olismo;
(b) Teoria dei sistemi complessi nel dibattito scientifico contemporaneo;
(c) Epistemologia della complessità e scienze antropologiche, sociologiche e psicologiche;
(d) Complessità, scienze storiche e scienze della natura;
(e) Complessità e cambiamenti globali;
(f) Mente e complessità;
(g) Complessità, arte, letteratura.

Si chiede che i saggi siano inviati all’indirizzo email redazioneincircolo@gmail.com entro e non oltre il 15 maggio 2023. Si pregano i gentili autori di adeguare il proprio contributo alle indicazioni editoriali consultabili e scaricabili al link: https://www.incircolorivistafilosofica.it/per-gli-autori/

Call for Papers, n. 15: “Complexity Thinking”
Edited by Roberto Arpaia

One of the essential challenges posed to philosophical thought today is that of questioning the nature and destiny of the human being in a world in which all fundamental questions are interconnected and in which every problem, in order to be formulated, must be broken down into a multiplicity of problems, which in turn give rise to other problems. Today more than ever, the question of human nature is inseparable from the problems posed by the progress of science and technology, by the processes of globalization and the related economic imbalances, by environmental issues causing humanitarian catastrophes, mass migrations and conflicts, and by geo-political factors that alter, and ineluctably risk destroying, the delicate balance between the nations of the planet. We are thus led to acknowledge that the question of human nature is a complex problem, the correct formulation of which requires a multidisciplinary approach capable of connecting and integrating (in a word, of “comprehend”) a plurality of approaches, languages, methodologies and points of view that have so far remained isolated and separate from each other.
The epistemology of complexity is particularly suitable for investigating the problems just stated. Indeed, at its heart lie the notions of organized system and of evolutionary process: each entity is conceived as a set of interacting and retro-interacting parts (circularity of causal relationships), inserted in a context-environment, the balance of which is the result of a continuous history of changes and adaptations following changes in the environment. These adaptive changes, although causally determined, are not predictable or determinable a priori, but only recognizable a posteriori.
The main challenge for complexity thinking today is therefore, above all, that of being able to rethink and integrate knowledge, concepts and stories which have traditionally been separated from each other or, following Edgar Morin’s definition, that of replacing the simplifying and separating with a dialogic thinking, which is able to conceive as complementary (and not opposed) notions that we have so far thought of as contradictory. Just as quantum mechanics invites us to think of light as both wavelike and corpuscular, complex thinking invites us to think as complementary and inextricably linked, the notions of unity and multiplicity, whole and part, invariance and historicity, reason and sentiment, self and “other”.

The following are some of the topics that contributions can explore:
(a) Complexity, reductionism and holism;
(b) Theory of complex systems in the contemporary scientific debate;
(c) Epistemology of complexity and anthropological, sociological and psychological sciences;
(d) Complexity, historical sciences and natural sciences;
(e) Complexity and global changes;
(f) Mind and complexity;
(g) Complexity, art, literature.

Contributions are requested to be sent by email to redazioneincircolo@gmail.com The submission deadline is May 15th, 2023. Authors are kindly asked to follow the editorial guidelines available for download at: https://www.incircolorivistafilosofica.it/per-gli-autori/ 

Call for Papers, n. 14: “Whitehead e la filosofia del concreto”
A cura di Maria Regina Brioschi

Il numero intende indagare, nelle sue diverse declinazioni, la filosofia del concreto di Alfred North Whitehead (1861-1947). Uno dei primi a suggerire questa lettura fu Jean Wahl, nel suo celebre libro del 1934, ma tale interpretazione risulta ad oggi tutt’altro che esaustiva. Cosa caratterizza una filosofia del concreto, la filosofia e metafisica del concreto di Whitehead? Cosa intendere per “concreto”? L’opera di Whitehead offre a queste domande molteplici vie di risposta. Già nei primi due decenni del novecento, nella dialettica tra astratto e concreto, scienza ed esperienza, il concreto – sotto il nome di evento – diviene il punto nevralgico su cui Whitehead imposta la sua critica contro ogni biforcazione della natura. Similmente, l’autore mette in guardia da ogni linguaggio o teoria che, dimentica del gesto con cui è stata istituita, finisca per confondere i suoi risultati con quel concreto da cui ha preso le mosse (la cosiddetta “fallacia della concretizzazione malposta”). Per Whitehead “concreto” è, come indicato dall’etimologia latina, ciò che è cresciuto insieme, che sta nella relazione dinamica e processuale con la totalità degli elementi che compongono l’universo. Quest’idea conduce ad una radicale revisione tanto della struttura esperienza (temporale, emozionale, valutativa) che dell’apparato metafisico tradizionale (si veda specialmente Processo e Realtà), in un’ottica anti-sostanzialistica che non si esaurisce in un’azione decostruttiva. A partire dalla processualità e relazionalità che caratterizzano tanto l’esperienza quanto il cosmo, la filosofia del concreto di Whitehead instaura un dialogo costante da un lato con le scienze e dall’altro con il senso comune, nella profonda convinzione che la responsabilità filosofica coincida con un incremento di civilizzazione.

I temi seguenti, anche nelle affinità e dissonanze con altre correnti di pensiero del ’900 (quali pragmatismo, fenomenologia, ermeneutica, post-strutturalismo), rappresentano alcune delle possibili strade che i contributi possono esplorare:
(a) La fallacia della concretizzazione malposta: critica al sostanzialismo, al linguaggio e alle biforcazioni della natura
(b) Per una “fenomenologia” del concreto: evento e struttura dell’esperienza in Whitehead
(c) Il rapporto tra scienza-filosofia-senso comune alla luce del concreto
(d) Ripensare la temporalità, la soggettività e la ragione (e dunque, la funzione della filosofia) a partire dal primato dell’esperienza
(e) Per una ontologia del concreto: essere e divenire, evento e processo, attualità e possibilità, continuità e novità
(f) Individuo e società, organismo/i e ambiente/i nella filosofia del processo di Whitehead
(g) Evento, storicità e vita: avventure di idee e plasticità del mondo organico

Si chiede che i saggi siano inviati all’indirizzo email redazioneincircolo@gmail.com entro e non oltre il 15 ottobre 2022. Si pregano i gentili autori di adeguare il proprio contributo alle indicazioni editoriali consultabili e scaricabili al link: https://www.incircolorivistafilosofica.it/per-gli-autori/

Call for Papers, n. 14: “Whitehead and the philosophy of the concrete”
Edited by Maria Regina Brioschi

This issue aims to investigate the philosophy of the concrete of Alfred North Whitehead (1861-1947), in all its forms of expression. Jean Wahl was one of the first who suggested this reading, in his famous book of 1934, but his interpretation is far from being exhaustive. What characterizes a philosophy of concreteness, specifically Whitehead’s philosophy and metaphysics of the concrete? What is meant by “concrete”? Whitehead’s opus provides multiple answers to these questions. Since the first two decades of the twentieth century, with reference to the interconnections between concreteness and abstraction, experience and science, Whitehead has based his critique against any bifurcation of nature on the concrete – conceived of as ‘event’. Similarly, the author warns against any language or theory that, by forgetting the gesture with which it was established, ends up attributing concreteness to its own, abstract, results (the so-called “fallacy of misplaced concreteness”). For Whitehead, something “concrete” is, as indicated by Latin etymology, that which has grown together, which stands in the dynamic and processual relation with the totality of the elements that constitute the universe. This idea leads Whitehead to a radical revision of both the structure of experience (temporal, emotional, evaluative) and the traditional metaphysical apparatus (see especially Process and Reality), in an anti-substantialist perspective that does not end in a deconstructive enterprise. In light of the processual and relational features of both experience and the cosmos, Whitehead’s philosophy of the concrete establishes a constant dialogue with the sciences on one hand, and with common sense on the other, in the profound conviction that the responsibility of philosophy lies in an increase of civilization.

Welcome are papers that explore the following topics, also by taking into account the affinity and dissonance of Whitehead’s thought with other relevant philosophies of the ’900 (such as pragmatism, phenomenology, hermeneutics, post-structuralism):
(a) The fallacy of misplaced concreteness: Whitehead’s criticism of substantialism, language, and the bifurcations of nature
(b) For a “phenomenology” of the concrete: event and the structure of experience according to Whitehead
(c) The relationship between science, philosophy and common sense in the light of the concrete
(d) Rethinking temporality, subjectivity and reason (and therefore, the function of philosophy) starting from the primacy of experience
(e) For an ontology of the concrete: being and becoming, event and process, actuality and possibility, continuity and novelty
(f) Individual and society, organism and environment in Whitehead’s process philosophy
(g) Event, historicity and life: adventures of ideas and organic plasticity

Contributions are requested to be sent by email to redazioneincircolo@gmail.com The submission deadline is October 15th, 2022. Authors are kindly asked to follow the editorial guidelines available for download at: https://www.incircolorivistafilosofica.it/per-gli-autori/ 

Call for Papers, n. 13: “Fenomenologia e pratica dell’attenzione”
A cura di Diego D’Angelo

Negli ultimi anni il tema dell’attenzione si è fatto sempre più prominente nella ricerca filosofica. In particolare in ambito fenomenologico emerge la necessita di affiancare le analisi della percezione con una discussione dei processi attenzionali, in quanto sono proprio questi a strutturare in prima linea la costituzione del campo percettivo. Se per Husserl l’attenzione era già stata oggetto sia di ampie analisi negli scritti da lui stesso pubblicati sia di acute riflessioni nei manoscritti e nelle lezioni, questo concetto gioca un ruolo solo secondario in Merleau-Ponty e in altri autori classici.

Nella fenomenologica contemporanea invece, soprattutto sulla scia delle analisi di Bernhard Waldenfels e di Natalie Depraz (per limitarsi a due esempi prominenti), il fenomeno dell’attenzione si è rivelato essere un campo di ricerca privilegiato per favorire l’incontro della fenomenologia con altre direzioni di ricerca: in Natalie Depraz, il dialogo con le scienze cognitive e i risultati dell’indagine empirica sono fondamentali per ottenere una fenomenologia dell’attenzione all’altezza della complessità stessa del fenomeno; in Bernhard Waldenfels, la fenomenologia dell’attenzione sfocia in un’etica intersoggettiva basata sui concetti di domanda e risposta.

Alla luce di queste brevi considerazioni sullo stato dell’arte, il presente numero si propone di indagare sia il modo in cui l’attenzione viene pensata in ambito fenomenologico, classico e moderno, sia le diverse pratiche dell’attenzione in ambito scientifico e quotidiano. Le pratiche attenzionali riguardano in primo luogo l’ambito delle scienze cognitive, in cui il concetto di attenzione viene ridefinito in modo da poter essere l’oggetto di indagini sperimentali, e in secondo luogo le modalità interoggettive in cui un’etica dell’attenzione si fa pratica concreta. In questo senso, alcuni dei possibili temi riguardano (ma non sono ristretti a):
(a) Ricostruzioni storico-filosofiche riguardanti il concetto di attenzione nella storia della fenomenologia;
(b) Discussioni, da una prospettiva fenomenologica, di contributi contemporanei sulla filosofia e sulla psicologia dell’attenzione;
(c) Analisi di particolari fenomeni attenzionali o di disfunzioni dell’attenzione;
(d) Confronti tra la fenomenologia e le scienze cognitive riguardo al concetto di attenzione;
(e) Ricerche legate all’etica dell’attenzione.

Si chiede che i saggi siano inviati all’indirizzo email redazioneincircolo@gmail.com entro e non oltre il 1° Aprile 2022. Si pregano i gentili autori di adeguare il proprio contributo alle indicazioni editoriali consultabili e scaricabili al link: https://www.incircolorivistafilosofica.it/per-gli-autori/

Call for Papers, n. 13: “Phenomenology and Practice of Attention”
Edited by Diego D’Angelo

In recent years the topic of attention has become increasingly prominent in philosophical research. Particularly in the field of phenomenology there is a need to flank analyses of perception with a discussion of attentional processes, since it is these that primarily structure the constitution of the perceptual field. If for Husserl attention had already been the object of both extensive analyses in his own published writings and acute reflections in his manuscripts and lectures, this concept plays only a secondary role in Merleau-Ponty and other classical authors from the phenomenological tradition.

In contemporary phenomenology, on the other hand, especially in the wake of the analyses of Bernhard Waldenfels and Natalie Depraz (to name but two prominent examples), the phenomenon of attention has proved to be a privileged field of research that fosters the encounter of phenomenology with other directions of research: in Natalie Depraz, the dialogue with the cognitive sciences and the results of empirical investigation are crucial to achieve a phenomenology of attention that matches the very complexity of the phenomenon; in Bernhard Waldenfels, the phenomenology of attention results in an intersubjective ethics based on the concepts of question and answer.

In the light of these brief considerations about the state of the art, this issue aims to investigate both how attention is thought about in classical as well as in modern phenomenology, and the different practices of attention at play in scientific and in everyday contexts. Attentional practices concern firstly the field of cognitive science, where the concept of attention is redefined so that it can be the object of experimental investigation, and secondly the intersobjective ways in which an ethics of attention becomes a concrete practice. In this sense, some of the possible themes concern (but are not restricted to):
(a) Historical-philosophical reconstructions regarding the concept of attention in the history of phenomenology;
(b) Discussions, from a phenomenological perspective, of contemporary contributions to the philosophy and psychology of attention;
(c) Analysis of particular attentional phenomena or dysfunctions of attention;
(d) Comparisons between phenomenology and cognitive science regarding the concept of attention;
(e) Research related to the ethics of attention.

Contributions are requested to be sent by email to redazioneincircolo@gmail.com. The submission deadline is April 1st, 2022. Authors are kindly asked to follow the editorial guidelines available for download at: https://www.incircolorivistafilosofica.it/per-gli-autori/ 

Call for Papers, n. 12: “Paul Ricœur tra moderno e postmoderno”
A cura di Alessandro Colleoni e Francesca D’Alessandris

L’itinerario filosofico di Paul Ricœur (1913-2005), che può ormai essere considerato un classico del secolo scorso, incrocia la modernità e il postmoderno in molteplici sensi. In primo luogo, pur sviluppandosi nel solco di una delle tradizioni filosofiche moderne più radicate in Francia – la filosofia riflessiva di matrice cartesiana -, l’opera di Ricœur si pone in dialogo con alcuni degli autori che hanno diagnosticato il tramonto delle certezze della modernità – tra gli altri, i noti “maestri del sospetto”, Marx, Nietzsche e Freud. Secondariamente, essa fa interagire, in ambiti eterogenei, gli opposti dialettici spesso associati rispettivamente al moderno e al postmoderno: la metafisica e il nichilismo, l’identità e la differenza, il fondamento e la decostruzione. Per questo suo carattere ibrido, la fenomenologia ermeneutica di Ricœur può rivendicare un rinnovato interesse nell’attuale contingenza storico-filosofica in cui la radicalizzazione del sospetto, che è uno dei tratti tipici del postmoderno, viene a sua volta revocata in dubbio a favore di prospettive che cercano linguaggi non ingenui per tornare a parlare di verità, realtà e identità.

A partire da tali presupposti, questo numero si propone di indagare le risorse che Ricœur ha da offrire al presente, le quali possono essere esplorate tanto attraverso una lettura interna della sua opera, quanto attraverso uno studio delle sue fonti o l’applicazione degli strumenti che essa offre a dibattiti contemporanei. Si invitano pertanto contributi che affrontino, a titolo di esempio, i seguenti temi:
(a) La dialettica tra critica e convinzione come terza via tra metafisica e pensiero debole
(b) La possibilità di ripensare la soggettività al di là dell’alternativa tra il Sé come sostanza e il suo dissolvimento
(c) La necessità di immaginare nuove modalità di intendere il rapporto tra identità e differenza nella loro declinazione collettiva
(d) La fecondità del tentativo ricœuriano di ripensare la fede e le religioni nell’era della demitizzazione
(e) Il dialogo dell’ermeneutica ricœuriana con le sue fonti moderne (da Descartes a Hegel) e con i suoi interlocutori “postmoderni” (Deleuze, Derrida, Foucault, Lyotard, Simondon)

Si chiede che i saggi siano inviati all’indirizzo email redazioneincircolo@gmail.com entro e non oltre il 15 ottobre 2021. Si pregano i gentili autori di adeguare il proprio contributo alle indicazioni editoriali consultabili e scaricabili al link: https://www.incircolorivistafilosofica.it/per-gli-autori/

Call for Papers, n. 12: “Paul Ricœur between modernity and postmodernism”
Edited by Alessandro Colleoni and Francesca D’Alessandris

The philosophical itinerary of Paul Ricœur (1913-2005), who can now be considered a classical thinker of the 20th century, crosses modernity and postmodernism in multiple senses. On the one hand, Ricœur’s intellectual journey is rooted in one of the most important modern philosophical traditions in France, i.e. reflective philosophy, that we can trace back to Descartes; on the other, it constantly converses with some of those authors who have diagnosed the decline of modernity – among others, the well-known “masters of suspicion”, Marx, Nietzsche and Freud. Moreover, Ricœur intertwines dialectical opposites associated with modernity and postmodernism respectively: metaphysics and nihilism, identity and difference, foundation and deconstruction. Because of this hybrid character, Ricœur’s hermeneutic phenomenology can be the protagonist of a renewed interest in the current philosophical discussion. Nowadays, indeed, the radicalization of suspicion, which is one of the typical features of postmodernism, is in turn being revoked in favour of perspectives that seek non-naive languages to think about truth, reality, and identity.

Starting from these premises, this issue aims to shed light on the resources Ricœur has to offer the present. These resources can be identified by exploring Ricœur’s work in itself or by applying his hermeneutical approach to new philosophical questions and debates. We therefore welcome proposals for contributions addressing, but not limited to, the following themes:
(a) The dialectic between criticism and conviction as a third way between metaphysics and the so-called “weak thought”.
(b) The possibility of rethinking subjectivity beyond the alternative between the Self as substance and its dissolution.
(c) The need to imagine new ways of understanding the relationship between identity and difference at a collective level.
(d) The fruitfulness of Ricœur’s attempt to rethink faith and religion in the era of demythologization.
(e) The dialogue of Ricœurian hermeneutics with its modern sources (from Descartes to Hegel) and with its “postmodern” interlocutors (Deleuze, Derrida, Foucault, Lyotard, Simondon).

Contributions are requested to be sent by email to redazioneincircolo@gmail.com The submission deadline is October 15th, 2021. Authors are kindly asked to follow the editorial guidelines available for download at: https://www.incircolorivistafilosofica.it/per-gli-autori/ 

Call for Papers, n. 11: “Dal corpo oggetto alla mente incarnata”
A cura di Francesca Brencio

Essere un corpo o avere un corpo? È da questa domanda che si irradia la riflessione intorno al corpo inaugurata dalla fenomenologia e intrecciata dapprima alla psicologia e poi alla psicoanalisi. Il pensiero del corpo, il cui genitivo è oggetto di dibattito, è forse tra i temi di maggior attualità nel panorama filosofico internazionale, e non solo: infatti, nell’ultimo secolo sia le neuroscienze, la psicologia che la filosofia della biologia si sono interessate a questo tema in modo sempre più importante proponendo diverse interpretazioni di quello che rimane il soggetto per eccellenza dello psichico (Freud). La meditazione contemporanea intorno al corpo ha permesso di mettere in discussione un certo modo di concepire questo “oggetto”, a partire dall’eredità cartesiana delle due sostanze, eredità che è a fondamento di buona parte delle neuroscienze e di un certo modo di intendere la relazione mente-corpo, così come di esercitare le prassi cliniche. Il passaggio dal corpo oggetto (mero Körper, per dirla con Husserl) alle recenti teorie sull’embodiment indicano non solo un cambio teoretico di paradigma nell’esplorare la relazione mente-corpo, ma anche come questo sia foriero di nuove intuizioni nel campo delle scienze applicative. Non solo: il tema del corpo si presta naturalmente alla riflessione sulla soggettività e sull’intersoggettività, ma anche sulle loro alterazioni, alla relazione con l’ambiente, al movimento etc.

Questa call for papers invita gli autori ad esplorare i possibili temi che permettono di:
(a) indagare il corpo fra trascendenza, fattualità e costruzione del Se;
(b) esaminare l’incontro della fenomenologia con la psicopatologia e con il cosiddetto approccio 4E alle scienze cognitive in relazione al tema del corpo;
(c) esplorare i nuclei tematici che legano il Sé alla questione dell’embodiment e dell’intersoggettività offrendo, laddove possibile, esempi provenienti dalla clinica;
(d) fenomenologia ed ermeneutica in dialogo con la medicina e le sue specialità.

I saggi devono essere inviati al presente indirizzo email redazioneincircolo@gmail.com entro e non oltre il 1° aprile 2021. L’accettazione del contributo verrà comunicata tramite email entro il 1° Maggio 2021. Si prega i gentili autori di adeguare il proprio contributo alle indicazioni editoriali consultabili e scaricabili al link: https://www.incircolorivistafilosofica.it/per-gli-autori/

Call for Papers, n. 11: “From the object body to the embodied mind”
Edited by Francesca Brencio

Being a body or having a body? From this question arises the meditation on the body initiated by phenomenology, a meditation intertwined with psychology at first and later with psychoanalysis. The thought of the body, the genitive of which is at the core of many philosophical debates, is perhaps one of the most controversial themes, not only in contemporary international philosophy, but also in the fields of neuroscience, psychology and the philosophy of biology, which become more and more involved into this debate in order to provide different interpretations of what is considered to be the subject par excellence of the psyche (Freud). Contemporary approaches to the body have brought into discussion a certain way of conceiving this “object”, starting from the question about the cartesian legacy of the two substances, which is at the foundation of a certain way of interpreting the mind-body issue in contemporary neuroscience, as well as by those engaged in clinical practice. The paradigm shift from the object body (as Körper, to use Husserl’s words) to the more recent theories of embodiment shows how this shift is a harbinger of new hypotheses in the applied sciences. Furthermore, the issue of the body opens the path to meditations on subjectivity and intersubjectivity, on their disturbances, on corporeality and the relationship with the environment, movement, etc.

This call for papers invites authors to submit papers about themes including, but are not limited to, the following:
(a) Transcendence, factuality and the construction of a Self in the understanding of the body;
(b) Recent encounters of phenomenology with psychopathology and the 4E approach to cognition in the interpretation of the body;
(c) Self, embodiment and intersubjectivity with examples coming from the field of clinical practices;
(d) Phenomenology and hermeneutics in dialogue with medicine and medical specialities.

Contributions are requested to be sent by email to redazioneincircolo@gmail.com The submission deadline is April 1st, 2021. Notification of acceptance will be communicated to the authors by email by May 1st, 2021. Authors are kindly requested to follow the submission guidelines which are available for download at: https://www.incircolorivistafilosofica.it/per-gli-autori/ 

Call for Papers, n. 10: “Nietzsche umanista”
A cura di Carlotta Santini

La filosofia di Friedrich Nietzsche, ultimo dei grandi pensatori ottocenteschi tedeschi, ma per molti versi primo grande filosofo del Novecento, gode ancora oggi di cattiva fama presso molti lettori. Contribuiscono a dipingere un panorama a tinte fosche anche le posizioni di una certa scholarship che enfatizza alcuni dei nuclei più radicali del pensiero del filosofo, fornendone una lettura fortemente orientata. E’ così che Nietzsche, suo malgrado, diviene un teorico del razzismo, un sostenitore del darwinismo sociale, un precursore dei totalitarismi o nel migliore dei casi un estimatore della Realpolitik di stampo bismarckiano.
Contro queste letture si vuole proporre qui un cambio di passo, che torni non solo a far parlare i testi, ma soprattutto si sforzi di restituire il pensiero di Nietzsche a quella dimensione sovranazionale ed eminentemente umanistica, ricollocandolo nella linea ereditaria dell’Illuminismo Francese e di pensatori come Goethe e Burckhardt, che egli stesso ha riconosciuto come suoi maestri.
Il pensiero di Friedrich Nietzsche è una filosofia eminentemente antropologica ed ha la vocazione di un’etica pratica. Essa ci parla dell’uomo e si rivolge all’uomo, come uomo tra gli uomini, in quanto individuo pensante e che rivendica il suo ruolo nella storia, nella cultura e nella società. Invece di scansare temi scomodi, come il nichilismo, il Superuomo, la volontà di potenza, le teorie sull’allevamento dell’umanità del futuro, questo numero invita a prenderle di petto e a valutarne tutte le potenzialità e le prospettive che prefigurano.
Quale strumento critico ci fornisce la prospettiva genealogica e quale progetto prefigura per la società europea? Quale valore Nietzsche riconosce all’educazione e alla formazione del tipo uomo e al progetto di un “individuo sovrano”, capace di autoregolarsi e di farsi portatore di nuovi valori oltre che di una responsabilità generale?
Queste ed altre possibili piste di ricerca permettono di delineare i confini di una filosofia che si rivolge all’umanità tutta e che non cessa, oggi come allora, di dimostrare la propria attualità.

Si chiede che i saggi siano inviati all’indirizzo email redazioneincircolo@gmail.com entro e non oltre il 15 novembre 2020.
Si prega i gentili autori di adeguare il proprio contributo alle indicazioni editoriali consultabili e scaricabili al link: https://www.incircolorivistafilosofica.it/per-gli-autori/

Call for Papers, n. 10: “Nietzsche the Humanist”
Edited by Carlotta Santini

The philosophy of Friedrich Nietzsche, the last of the great German thinkers of the 19th century and in many ways the first great philosopher of the 20th century, still enjoys a bad reputation among many readers. The positions of a certain scholarship, which emphasizes some of the most radical cores of the philosopher’s thought, also contribute to painting a gloomy landscape, providing a strongly oriented reading. This is how Nietzsche, despite himself, became a theorist of racism, a supporter of social Darwinism, a forerunner of totalitarianism or at best a fan of Bismarckian-style Realpolitik.
Against these readings we want to propose here a change of pace, one that not only lets the texts speak again, but above all strives to restore Nietzsche’s thought to a supranational and eminently humanistic dimension, placing it in the hereditary line of the French Enlightenment and of thinkers like Goethe and Burckhardt, whom he himself recognized as his masters.
Friedrich Nietzsche’s thought is an anthropologically inspired philosophy and has the vocation of a practical ethics. It speaks to us of the human being and is addressed to the human being as a thinking individual who claims his role in history, culture and society. Instead of avoiding uncomfortable themes such as nihilism, the Superman, the will to power, the theories on the breeding of future humanity, this issue invites to take them head-on and evaluate all the potentialities and perspectives they prefigure.
What critical tool does the genealogical perspective provide and what project does it outline for European society? What value does Nietzsche attach to education and training of the human type and to the birth of a “sovereign individual”, capable of self-regulation and of becoming the bearer of new values as well as of a general responsibility?
These and other paths of research make it possible to delineate the boundaries of a philosophy that is directed towards whole humanity and that does not cease, today as then, to demonstrate its actuality.

Submission deadline: November 15th, 2020. Authors are kindly asked to follow the editorial guidelines available for download at: https://www.incircolorivistafilosofica.it/per-gli-autori/ Please send submissions to redazioneincircolo@gmail.com

Call for Papers, n. 9: “Natura/Cultura”
A cura di Matteo Canevari

L’opposizione tra natura e cultura sembra ovvia e aproblematica, eppure per molti motivi dà da pensare.
Ritenuta il principio alla base della struttura del pensiero umano, essa gode di un ampio credito anche nel senso comune in virtù della sua evidenza logica e della sua apparente immediatezza empirica, confermata dalla Ragione universale, che su questa divisione ha da sempre fondato il suo discorso. Tuttavia, la divisione del reale in due domini distinti è una donazione di senso dell’esperienza, che mette in gioco una serie implicita di principi di valore e di criteri di giudizio, i quali meriterebbero essi stessi di essere pensati.
È legittimo domandarsi se la scissione natura/cultura abbia una sua intrinseca ragionevolezza o meno. Diversi segnali mostrano infatti che i rapporti tra natura e cultura sono arrivati oggi a un tale punto di tensione e di indecidibilità che forse ci troviamo in una fase critica, che necessita di un cambio di paradigma, a partire proprio dal ripensamento del fondamento di quella dicotomia. I domini problematici sono almeno tre: il legame tra l’uomo e l’ambiente; la relazione tra il pensiero umano e l’intelligenza artificiale; il rapporto tra il corpo umano e la tecnica.
Difficilmente oggi potremmo sottostimare la questione ambientale nella trasformazione della cultura umana, presumendo che essa sia determinata solo da leggi proprie e mossa dallo spirito. Non diversamente, lo sviluppo dell’intelligenza artificiale sta mettendo in crisi la presunta eccezione umana rispetto ai meccanismi impersonali della materia, ponendo domande sulla natura stessa dell’uomo. In terzo luogo, l’integrazione sempre più stretta tra corpo e dispositivi artificiali, natura vivente e apparati tecnici, azione umana e lavoro meccanico rende labile il confine tra organico e inorganico, vivente e non-vivente.
I confini tra natura e cultura si stanno spostando e gli ibridi proliferano. Possiamo dunque domandarci se di fronte all’esperienza attuale il modo di pensare che pone la dicotomia natura/cultura è ancora funzionale a comprendere i fenomeni a cui siamo sottoposti. Natura e cultura sono davvero due concetti distinti, che indicano due regioni separate, oppure sono la coppia polare di un medesimo concetto, che definisce un unico territorio condiviso? La distinzione è da abbandonare o da riformulare e come? Queste domande sono oggi della massima importanza perché dalle risposte che sapremo dare dipendono la distribuzione degli enti nel mondo e le azioni conseguenti, dunque il tempo a venire dell’uomo e il suo abitare la terra. Il sapere umanistico saprà raccogliere la sfida ed essere in grado di pensare il proprio tempo presente e prossimo, riconducendolo alla chiarezza del concetto?

Si chiede che i saggi siano inviati all’indirizzo email redazioneincircolo@gmail.com entro e non oltre il 15 maggio 2020.
Si prega i gentili autori di adeguare il proprio contributo alle indicazioni editoriali consultabili e scaricabili al link: https://www.incircolorivistafilosofica.it/per-gli-autori/

English Call for Papers, n. 9: “Nature/Culture”
Edited by Matteo Canevari

At first sight, the opposition between nature and culture seems to be obvious and unproblematic. However, there are several reasons to put it to test.
The nature/culture divide is usually taken to characterize human thinking at its root and is widely shared at the level of commonsensical understanding by virtue of its supposed logical evidence and apparent empirical immediacy. Philosophically, it plays a fundamental role in the tradition of the Universal Reason, that has grounded its whole theoretical framework on such dualism. However, the division of reality into two separate domains, that determines the very way in which human experience is mostly organized, relies on a set of implicit presuppositions and value judgments that require to be critically investigated.
It sounds fully legitimate, then, to ask whether the nature/culture divide is intrinsically adequate. Indeed, many indications nowadays point at the fact that the relation between nature and culture might be much more complex and intricate than the dualistic approach suggests. Perhaps a change of paradigm is due: the time might have come for a deep revision of such divide and its philosophical background.
Three are at least the areas of concern relevant to this issue: human beings and the natural environment, human and artificial intelligence, technology and the human body.
It has become impossible to underestimate the influence that the environmental emergency we are currently facing is exerting on contemporary human culture. The claim according to which human culture obeys exclusively its own rules, without being touched by the natural sphere, seems unable to accommodate for the new situation. Similarly, the hectic development of Artificial Intelligence is challenging the supposed uniqueness of the human vis-à-vis the impersonal mechanisms of the matter, raising questions on the nature of humanity itself. Finally, the ever-increasing integration between the human body and artificial devices or human and technological agency blurs the line that used to separate the organic from the inorganic, the living from the non-living matter.
The boundaries between nature and culture are shifting and hybrids thrive. This sheds serious doubts on the adequacy of the nature/culture dichotomy for interpreting the actual world and its most representative phenomena. Are nature and culture two different notions, which stand for separate ontological domains? Or, rather, are they two poles of a same concept, which defines one shared territory? Should we abandon the dichotomy altogether, or should we rethink it, and how? These questions are extremely important today since the answers we give them will affect our organization of the world and our subsequent action plans – i.e., the future of the human race on this planet. Will humanities be able to take on the challenge and think the present time and the foreseeable future as thoroughly as required by the seriousness of its issues?

Submission deadline: May 15th, 2020. Authors are kindly asked to follow the editorial guidelines available for download at: https://www.incircolorivistafilosofica.it/per-gli-autori/ Please send submissions to redazioneincircolo@gmail.com

Call for Papers, n. 8: “L’attualità di Spinoza”

Il tempo presente appare in debito con la filosofia di Spinoza e di questo troviamo traccia nel dibattito contemporaneo, che ne ha ripreso lessico, temi e prospettive teoriche. Di qui la proposta di riflettere sulla “attualità” di Spinoza, come mette in luce una ben nota proposizione di Bergson: “Ogni filosofo ha in verità due sistemi, il proprio e quello di Spinoza.”

Se è possibile configurare il pensiero di Spinoza come una Sfinge che presiede il paesaggio della modernità avviata nella sua epoca, se ne può comprendere una attualizzazione con il delinearsi di una nuova modernità con profondi rivolgimenti tecnologici, antropologici e ambientali.

Di qui le domande:
– Può essere produttivo far riferimento al sistema di pensiero di Spinoza per alimentare un orientamento filosofico sostenibile rispetto a un certo smarrimento di approcci nichilisti, relativisti e alla debolezza delle suggestioni del cosiddetto post-moderno?
– Come confrontare le differenti declinazioni del tema dell’immanentismo formulate di recente con la posizione classica dello spinozismo?
– C’è una corrente filosofica contemporanea da considerarsi la legittima erede della tradizione spinoziana? Il materialismo attuale si assume con pienezza questa eredità o esso necessita di integrazioni e arricchimenti dalla provenienza di quella stessa tradizione?
– La riflessione politica del presente può giovarsi di una impostazione che contemperi, come suggerisce Spinoza, il rispetto della massima libertà e i vincoli della istituzione statale?
– Ci si può giovare per una filosofia della storia della comprensione razionale degli eventi che Spinoza dispone in una catena più ampia di rapporti necessari?

Si chiede che i saggi pervengano entro il giorno 15 Novembre 2019 alla Direzione della rivista, indirizzo mail: redazioneincircolo@gmail.com e franco.sarcinelli@virgilio.it.

English Call for Papers, n. 8: “Spinoza Today”

Our times seem to owe much to Spinoza’s thought. Several traces of such debt can be found in the contemporary philosophical debate, where words, concepts and objects typical of his philosophy are constantly reused and further examined. The well-known sentence by Bergson, according to which every philosopher has in truth two systems, her own and that of Spinoza, may shed an interesting light on the current philosophical debate indeed. This is why we propose to reflect on “Spinoza today”.

If it is possible to depict Spinoza’s thought as a sphinx sitting at the entrance of the main street that led to modernity, its critical reprise on the threshold of a new modernity which has to face profound and disquieting technological, environmental, social and political issues requires to be deeply analysed.

Authors interested in presenting a contribution to this issue may discuss, among others, the following questions:
– May a critical reprise of the Spinozian approach help contemporary philosophy to overcome the general disorientation deriving from nihilistic positions, relativistic views and the feeble suggestions of so-called post-modernism?
– How the several versions of immanentism recently elaborated can be fruitfully confronted with the classical position of Spinozism?
– Is there, in the current philosophical scenario, a particular approach that may be considered the rightful heir of Spinozism? Is contemporary materialism a suitable candidate for this title or does it fail to meet the necessary requirements, so that it needs to be adequately integrated, perhaps with elements that belong to this same philosophical tradition?
– May contemporary political philosophy benefit from an approach that strives to balance the respect of individual freedom and the necessary constraints of political institutions, as Spinoza suggested?
– From the perspective of philosophy of history, may Spinoza’s rational understanding of historical events as rings of a chain held together by necessary joints represent a valuable and still insightful position?

Submission Deadline: November 15, 2019. Contributions should not exceed the maximum length of 9000 words (references, notes, 250-words abstract and 4-5 keywords included) and should be written in English or Italian. All submissions will undergo blind peer-review. Please send your paper by e-mail to redazioneincircolo@gmail.com.

Call for Papers, n. 7: “Ri-pensare la democrazia”

Ri-pensare la democrazia è un compito che si pone quando nella realtà politica e sociale si delineano forme di aggregazione, pratiche di comunicazione e modalità di gestione del potere di tipo nuovo. Esse arricchiscono o confliggono, a seconda dei casi, con il quadro istituzionale avente come riferimento i principi generali di uno stato democratico. Si tratta quindi di cogliere opportunità e rischi di processi di trasformazione attualmente in rapida evoluzione. Si stanno modificando le aggregazioni dei soggetti sociali, rappresentati tradizionalmente dai cosiddetti corpi intermedi, quali partiti, sindacati, federazioni dei datori di lavoro, affiancati e sovrapposti da una pluralità eterogenea di sigle, associazioni, improvvisati gruppi informali. Stanno cambiando radicalmente le modalità di comunicazione politica connesse ai social network – Facebook, Twitter, Instagram – che configurano la accessibilità pervasiva ad intervenire nell’agorà pubblica con rischi elevati di informazione manipolata. La filosofia è chiamata a dare un suo contributo idoneo a mettere in luce le istanze profonde che muovono questi sommovimenti emergenti nella società civile e politica. La situazione induce a riaggiornare in generale la riflessione sul corretto rapporto tra democrazia formale e democrazia sostanziale. Un autorevole esponente del pensiero politico quale Gustavo Zagrebelsky ha di recente mandato un grido di allarme sui pericoli della democrazia oggi, in Italia e nel mondo, invocando una pacifica ed efficace ‘resistenza civile’ (Repubblica, 24.11.2018) e Roberto Esposito il giorno dopo sullo stesso giornale ha indicato, sulla scorta di Hannah Arendt, le condizioni essenziali per renderla una pratica apprezzabile. Queste sono solo alcune premesse per avviare un libero e proficuo approfondimento teorico che si sta rivelando sempre più necessario e urgente.

Si chiede che i saggi pervengano entro il giorno 28 Aprile 2019 alla Direzione della rivista, indirizzo mail: redazioneincircolo@gmail.com e franco.sarcinelli@virgilio.it 

English Call for Papers, n. 7: “Rethinking Democracy”

Rethinking democracy is a necessary task to tackle when new modes of social association, new modes of communication, and new forms of political power enter the political and social stage. These new events, in fact, may either improve or deteriorate the frame of reference established by democratic institutions, thus requiring careful analysis and in-depth reflection on the risks and the opportunities involved in such rapidly evolving transformative processes. On the one hand, the traditional modes of socio-political association are profoundly changing and what used to be known as “intermediate groups”—such as political parties, trade unions, and employers’ organizations—are now challenged by a heterogeneous plurality of new corps and improvised informal groups. Moreover, the fundamental characters of political communication are radically mutating due to the massive use and pervasive influence of social networks – Facebook, Twitter, Instagram – which enormously enlarge the possibility of intervening in the public sphere and increase the risks of spreading biased information. In our opinion, philosophy has an important role to play in this scenario and should contribute to highlighting the reasons and dynamics that fuel such emerging trends in civil and political society. The current political situation itself, in fact, seems to call for a critical reconsideration of the relation between formal and substantial democracy. In Italy, for instance, a similar public debate has been recently launched by Gustavo Zagrebelsky, an influential Italian political thinker who sent an alarm about the dangers menacing democracy in Italy and in the world, suggesting the organization of a pacific and effective “civil resistance” (Repubblica, 24/11/2018). The following day, on the same newspaper, the philosopher Roberto Esposito, reflecting on Hannah Arendt’s thought, laid down the essential conditions for practicing such a resistance. These are just some preliminary suggestions to stimulate a thorough and fruitful in-depth analysis of the many issues surrounding contemporary democracy, which is becoming more and more necessary and impelling.

Submission Deadline: April 28, 2019. Contributions should not exceed the maximum length of 9000 words (references, notes, 250-words abstract and 4-5 keywords included) and should be written in English or Italian. All submissions will undergo blind peer-review. Please send your paper by e-mail to redazioneincircolo@gmail.com 

Call for Papers, n. 6: “Filosofia e robotica”
A cura di Fabio Fossa

Lo straordinario progresso registrato negli ultimi decenni in ambiti quali robotica, scienza computazionale, ingegneria dei materiali e intelligenza artificiale ha definitivamente consacrato il robot ad icona della prossima rivoluzione tecnologica. Se macchine più o meno autonome e intelligenti sono già attive in numerosi contesti umani, la ricerca attuale nutre una ben più ambiziosa aspirazione: portare i robot dalle fabbriche o dai laboratori ad ambienti maggiormente complessi (le case, le corsie dell’ospedale, le strade, le attività commerciali) e controversi (la camera da letto, il campo di battaglia). Il robot, tramutandosi da oggetto tecnologico a oggetto sociale, sembra dunque destinato ad occupare un posto sempre più rilevante nelle nostre vite. Ciò lancia una sfida continua a quella linea che, a ragione o a torto, si suppone tracci il confine tra il vivente, l’umano e il meccanico. Diventa così necessario porre la domanda: che cos’è il robot?
L’incontro di filosofia e robotica, quindi, è del tutto naturale. La domanda circa l’essenza del robot non solo appartiene di diritto alla filosofia, in quanto indagine su ciò che è, ma rende anche evidente come la scienza tecnologica non sia l’unico interlocutore da interrogare a riguardo. Le discipline tecnologiche orientano, ma non risolvono la questione del senso del robot. Alla filosofia, come indagine ontologica e concettuale, compete il chiarimento di ciò che è proprio dell’oggetto robotico e la valutazione di come mutino le idee e i significati delle parole “umane” che usiamo per dare senso alle macchine ( “intelligenza”, “autonomia”, “azione”, “creatività”, “decisione”, “apprendimento”).
Alla filosofia come indagine sul bene compete poi la riflessione sul buon uso del robot. A che scopo e in che modo introdurre i robot in società? Chi è da ritenere responsabile per le azioni che il robot svolge in autonomia? Oltre ad essere efficace, il robot dev’essere anche buono? È possibile, o consigliabile, costruire una macchina morale, che funzioni in modo soddisfacente da un punto di vista etico e possa anche assisterci nel distinguere il buono dal cattivo? Cosa significa, e cosa comporta, riprodurre il comportamento etico per mezzo della tecnologia?
Un’attenta considerazione di simili questioni, tale da generare consapevolezza critica riguardo le molte influenze che determinano l’immagine del robot, è di estrema importanza per evitare l’insorgere di aspettative irrazionali, timori infondati o entusiasmi ciechi.
All’intersezione di filosofia e robotica vogliamo dedicare la sezione “la questione filosofica” del prossimo numero di InCircolo – Rivista di filosofie e culture. La nostra intenzione è di offrire al lettore italiano una panoramica ampia, ma allo stesso tempo scientificamente accurata, delle numerose sfide che la robotica pone alla ragione filosofica e della rilevanza non solo teoretica, ma anche pratica e sociale di un’indagine in tal senso.

Si chiede che i saggi pervengano entro il giorno 15 Novembre 2018 alla Direzione della rivista, indirizzo mail: redazioneincircolo@gmail.com e franco.sarcinelli@virgilio.it 

Call for Papers, n. 5: “La filosofia oggi”

La filosofia ha sempre posto lungo tutta la sua storia, e senza dubbio continua a porre ancor oggi, questioni cruciali atte a coinvolgere, almeno in linea di principio, l’umanità nel suo complesso. Ma i filosofi di professione sanno bene che per rispondere in modo soddisfacente a questo genere di domande, il cui significato è in qualche modo comprensibile a tutti, bisogna prima rispondere a molte altre domande, assai più “tecniche”, delle quali sovente non è immediatamente percepibile la pertinenza, l’interesse e talvolta nemmeno il senso. È soprattutto per questo che la filosofia dei filosofi di professione si presenta tanto spesso come un qualcosa di arcano per i non specialisti. È d’altronde normale che sia così, e infatti si tratta di qualcosa che avviene anche (anzi, in misura maggiore) nelle scienze. Ma per la filosofia il rischio di dispersione specialistica in questioni che appaiono marginali sarebbe incompatibile con la sua vocazione, che è di parlare a tutti di problemi che li possano coinvolgere, sì che nel suo caso si presenta la necessità di contemplare un momento in cui la ricerca svolta dagli “addetti ai lavori” sia ricondotta alle sue motivazioni di fondo.
Dunque, proprio perché riteniamo che la legittima autonomia della ricerca del singolo cultore di studi filosofici non possa né debba significare indifferenza alle esigenze della comunicazione sia con il più vasto pubblico dei non filosofi di professione sia tra filosofi di diversa specializzazione (anche riguardo a questo aspetto il proliferare degli specialismi può condurre a esiti non auspicabili), chiediamo a studiosi di diversi orientamenti e docenti universitari di filosofia di illustrare il significato di fondo delle loro indagini e proposte teoriche, senza trascurare le implicazioni più tecniche ma al tempo stesso cercando di metterne in luce soprattutto i riverberi sull’attuale dibattito filosofico nel suo complesso, a partire dagli interrogativi antichi e da quelli emergenti nel mondo contemporaneo che ogni essere umano in base alla propria esperienza non può, prima o poi, fare a meno di porsi.

Si chiede che i saggi pervengano entro il giorno 15 Aprile 2018 alla Direzione della rivista, indirizzo mail: redazioneincircolo@gmail.com e franco.sarcinelli@virgilio.it 

Call for Papers, n. 4: “Filosofia e neuroscienze”

Le neuroscienze hanno avuto negli ultimi decenni una ampiezza e una diffusione nel campo della ricerca di grande portata, che ha coinvolto oltre l’ambito biologico altre discipline quali la fisica, la chimica, la psicologia, la linguistica. I nuovi studi hanno aperto inedite frontiere riguardo i processi cognitivi, l’ambito computazionale, gli sviluppi clinici. Le neuroscienze si stanno dimostrando tra le discipline più promettenti e brillanti per esiti futuri e diverse potenze internazionali le stanno promuovendo con ingenti finanziamenti: di recente gli USA hanno stanziato ingenti somme per sostenere il progetto Brain (Brain Research Through Advancing Innovative NeuroTechnologies) e l’Unione Europea per l’Human Brain Project (HBP); in entrambi i casi con l’obiettivo ambizioso di pervenire ad una mappatura completa e in certi ambiti a una simulazione del cervello umano. Anche la filosofia è chiamata in causa a diversi livelli da questo processo imponente di studi che mettono in discussione in termini generali il profilo dell’uomo, scuotendo gli assunti teoretici di una lunga tradizione di pensiero. L’evoluzione in atto sta ponendo le basi per un nuovo approccio alle questioni fondamentali proprie della filosofia. Le basi biologiche dell’io, della coscienza, della percezione, della memoria, dell’apprendimento, non possono essere ignorate, e spesso mettono in discussione capisaldi secolari della riflessione epistemologica e metafisica. Tanto meno però possono essere passati sotto silenzio gli assunti teorici impliciti che spesso sottostanno alle letture filosofiche delle neuroscienze. Non giova, in vista del confronto tra i due ambiti, né un atteggiamento di chiusura preventiva da parte dei filosofi, né il riduzionismo naturalistico, assunto da buona parte dei neuroscienziati.
Che il dialogo sia possibile ed arricchente lo mostra un volume del 1998, La natura e la regola, nel quale J.P. Changeux, il noto autore dell’Uomo neuronale (1983), ha condotto un approfondito e fecondo confronto con il filosofo Paul Ricoeur. A nostro parere questo dialogo è ancora un modello positivo a cui ispirarsi. In questo quadro, si pongono una serie di domande circa le basi e i limiti entro i quali può svilupparsi un confronto proficuo tra filosofia e neuroscienze. Quale stimolo problematizzante esse possono dare alla filosofia? Quali osservazioni critiche la filosofia può avanzare agli indirizzi prevalenti nelle varie branche delle moderne neuroscienze? Su quali temi i filosofi possono ragionevolmente arrogarsi la prerogativa dell’elaborazione esclusiva? Lo spettro problematico è multiforme ed il terreno da dissodare assai esteso.

Si chiede che i saggi pervengano entro il giorno 22 Ottobre 2017 alla Direzione della rivista, indirizzo mail: redazioneincircolo@gmail.com e franco.sarcinelli@virgilio.it 

Call for Papers, n. 3: “Ripensare l’immaginazione oggi”

La teoria dell’immaginazione ha trovato un rilevante spazio da Aristotele a Kant fino alla filosofia romantica. Nella sua versione tradizionale, pur con diverse intonazioni, essa viene ricondotta all’attività produttiva dell’io, ovvero – secondo la definizione di Mallarmé – alla “messa in scena interiore” del soggetto. Nel corso del Novecento è emersa l’avvertenza – come si può evincere dalle riflessioni di Benjamin – dell’impatto del mondo della tecnica sui processi creativi, ma è di questi ultimi anni la piena consapevolezza di un ripensamento profondo dell’immaginazione sul piano estetico ed antropologico in rapporto alla diffusione delle nuove tecnologie mediatiche. In prima istanza si parla di immaginazione interattiva resa possibile dalle tecnologie di tipo digitale. Ne viene una exernalised imagination: il soggetto di fenomeni immaginativi è “delocalizzato” dai supporti esternalizzati dei media ambientali ed è condizionato dai processi interattivi nei quali è immerso. Si parla di wearable technology, di “tecnologia da indossare” come nel caso dei Google Glass, gli occhiali tecnologici connessi alla rete con effetti di augmented reality. Vanno allora considerate le specifiche modalità di queste interazioni nel campo narrativo, cinematografico, artistico. Questo nuovo contesto comporta al filosofo di ripensare il tema dell’immaginazione. Occorre chiedersi quali effetti possono essere determinati dal sistema digitalizzato in quanto veicolo di una fruizione passiva e se la tecnologia mediatica può promuovere un potenziamento della sensibilità immaginativa. Più in generale, occorre indagare i rapporti che si possono instaurare tra arte e tecnica, tra creatività e dispiegamento di pratiche interattive. Le nuove tecnologie cambiano lo statuto dell’immagine nell’economia complessiva delle facoltà conoscitive dell’io e come intervengono sul modo in cui il soggetto comprende la realtà del suo mondo? E ancora: si tratta di un’ulteriore evenienza confermativa di effacement del soggetto e della sua autonomia produttiva? Su queste domande il dibattito è aperto e attuale.

Si chiede che i saggi pervengano entro il giorno 22 Maggio 2017 alla Direzione della rivista, indirizzo mail: redazioneincircolo@gmail.com e franco.sarcinelli@virgilio.it 

Call for Papers, n. 2: “Filosofia alla prova dell’Europa”

Questa scelta tematica si basa sulla convinzione che la filosofia possa avere un ruolo nella riflessione sulle problematiche di fondamenti teorici e di una consolidata identità̀ che l’attuale Europa deve assumere per mantenere aperte nel suo futuro delle prospettive di stretta collaborazione e forme di integrazione politica, economica e culturale.

Si propone una delle seguenti opzioni:
– prendere in esame le posizioni di filosofi del ‘900 sul tema dell’Europa;
– confrontare differenti impostazioni presenti nel dibattito attuale;
– offrire linee di riflessione quale contributo sulle possibili soluzioni teorico-pratiche per una Europa del futuro solidale e più̀ integrata.

Si chiede che i saggi pervengano entro il giorno 10 Novembre 2016 alla Direzione della rivista, indirizzo mail: redazioneincircolo@gmail.com e franco.sarcinelli@virgilio.it 

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