FENOMENOLOGIA E PRATICA DELL’ATTENZIONE
Ci sono periodi della storia che sembrano avari di avvenimenti epocali. Si tratta ovviamente di un’illusione, o di un errore prospettico, visto che la storia marca sempre le sue epoche, anche quando si presenta nella forma di una bonaccia. Resta che questa illusione era stata condivisa da molti osservatori nel giudicare gli ultimi decenni del secolo scorso. L’inizio del nuovo millennio e poi, più brutalmente, gli ultimi due anni ci hanno invece ricondotti alla coscienza delle inopinate giravolte che le vicende storiche, della storia civile e politica ma anche di quella naturale, sono in grado di imporci.
Tra i molti cambiamenti nei quali ci siamo trovati implicati, alcuni hanno riguardato anche la vita della nostra mente. Ci siamo infatti trovati bruscamente esposti ad un numero sempre crescente di informazioni, di avvenimenti di cui tener conto e da giudicare, travolti da una marea continua di novità da interpretare e integrare concretamente nelle nostre vite. La nostra attenzione è stata accaparrata e spesso totalizzata da questa massa di informazioni. E si tratta di informazioni che risulta impossibile non vagliare, malgrado la loro complessità, perché, anche nel caso riguardino decisioni o avvenimenti lontani, determinano la nostra esistenza individuale e quotidiana. L’ansia di fronte ai notiziari ha preso la forma di una sorta di stordimento, un essere frastornati e in preda agli eventi che non si possono trascurare ma nemmeno compiutamente comprendere.
Ci si perdonerà questa incursione nell’attualità. L’abbiamo ritenuta opportuna per sottolineare la portata del tema affrontato dalla sezione “La Questione filosofica” di questo numero, cioè “Fenomenologia e pratica dell’attenzione”. Il dossier riunito da Diego D’Angelo ci invita infatti a riflettere su un fenomeno psichico che è centrale nella vita della mente ma che resta tuttavia sfuggente. L’attenzione si situa infatti alla soglia tra passività e attività: le cose del mondo attirano la nostra attenzione, la suscitano, ma al tempo stesso è compito nostro “dare” attenzione. Anzi, l’attenzione si presenta spesso come un bene prezioso, da maneggiare con parsimonia quando la si accorda, oppure da concedere solo in cambio di un congruo compenso da parte di ciò
che viene percepito. L’economia dell’attenzione (l’inglese dice giustamente “to pay attention to”) costituisce in questo senso un elemento centrale delle nostre società contemporanee. I testi qui raccolti da Diego D’Angelo, che li presenta in dettaglio nella sua introduzione a cui rimandiamo, ricostruiscono la riflessione sul fenomeno dell’attenzione sviluppata dalla fenomenologia novecentesca, sia nei suoi momenti iniziali (Husserl, Heidegger), che negli sviluppi degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso (Sartre, Merleau-Ponty), per giungere alle proposte contemporanee che incrociano fruttuosamente analisi fenomenologiche e evidenze neuro scientifiche.
La “Questione filosofica” è preceduta da un testo di Franco Sarcinelli, “In memoria di Emilio Renzi”, tra i fondatori di questa rivista, di essa per anni Direttore responsabile e redattore. Intendiamo pubblicare un prossimo numero di InCircolo, per l’occasione in accordo e in contemporanea con la rivista Materiali di Estetica, con il quale offrire al lettore un’articolata analisi e un approfondimento critico dell’orizzonte teoretico di Renzi.
La sezione “Laboratorio” ospita due contributi dai temi convergenti. In “Per una critica dell’ambizione. La banalità del male fra ‘idiozia’ e disumanità”, Luisa Musso riprende la celebre anatomia del caso Eichmann proposta da Hannah Arendt in La banalità del male e cerca di misurarne la portata più generale. L’Eichmann arendtiano non è soltanto il grigio burocrate e desk murderer a cui spesso è stato ridotto. Nell’analizzare la sua psicologia, Hannah Arendt definisce anche in negativo l’insieme delle facoltà mentali che permettono di elaborare una vita della mente degna di questo nome. Ciò permette a Luisa Musso di precisare il senso che Arendt assegna alle facoltà dell’immaginazione, della memoria e del giudizio, e come esse si articolino con la
riflessione della filosofa sul tema della “natività” dell’uomo, del suo essere capace di farsi “principio” Ma questa ricostruzione della non-psicologia di Eichmann è anche, più inaspettatamente, l’occasione per sottolineare l’elogio che Arendt fa dell’ambizione che deve guidare il cittadino, animato da un sano desiderio di “distinguersi”.
Un’ambizione che in Eichmann prende la forma della mera rivalsa carrieristica.
Il contributo di Federico Italo Gatti prolunga idealmente questa riflessione, concentrandosi sul tema de “La famiglia e la sua autorità” nel pensiero di Kojève. Kojève ripensa sotto la figura dell’autorità la questione classica dell’obbligazione politica che, per distinguersi dalla pura violenza, impone allo stesso tempo un potere, da parte di cui esercita l’autorità, e la rinuncia cosciente e volontaria alla realizzazione della possibilità di resistenza, da parte di chi lo accetta. Il tema dell’autorità in ambito familiare, anch’esso classicamente evocato nei dibattiti sul diritto naturale, trova in Kojève una declinazione inedita, in quanto l’autorità paterna diventa incarnazione dell’autorità del passato nei confronti del presente. Dal che un interessante confronto con le tesi di Hegel sul ruolo della famiglia nella naturalizzazione della morte.
La sezione “Controversie” è interamente dedicata a un confronto sul pensiero di Eduardo Viveiros de Castro incentrato sul prospettivismo. Introduce il dibattito l’articolo di Gioacchino Orsenigo Multinaturalismo e Ontologia. Meriti e criticità nel pensiero filosofico-antropologico di Eduardo Viveiros de Castro, nel quale l’autore ci presenta in breve il pensiero dell’antropologo brasiliano, riportando anche alcune delle critiche più importanti ad esso mosse. Segue poi Breve nota sul concetto di mondo in Viveiros de Castro di Claudio D’Aurizio, il quale dedica queste pagine a una riflessione critica sul concetto di mondo in Viveiros de Castro e sulla sua formulazione, a partire da Deleuze, del prospettivismo come strumento di metodologia antropologica ed etnologica. Attraverso un serrato confronto con la tradizione kantiana, Gianluca De Fazio, con Come orientarsi nel pensiero selvaggio? Appunti per una ecologia della ragion pratica e una svolta etnografica in ontologia, riflette sulle possibilità che si aprono con la fine della concezione di Uomo in quanto Endzweck e sul ruolo dell’antropologia come traduzione equivoca in un mondo post-copernicano. Infine, Giovanni Fava firma l’ultimo contributo dal titolo Ancora una volta nelle acque del dubbio. Antropologia e svolte ontologiche tra Eduardo Viveiros de Castro e Ludwig Wittgenstein, nel quale l’autore propone una fine comparazione tra il metodo filosofico di Wittgenstein e l’antropologia ontologica di Viveiros de Castro.
La sezione “Intersezioni” è ben rappresentata dal contributo di Marco de Paoli Spinoza sovversivo nel suo tempo e nel suo luogo, che illumina la figura di Spinoza in un intreccio complessivo di piani: politico, sociale, culturale, religioso, scientifico-tecnologico. L’autore non si limita alla consueta modalità di connessione tra biografia e pensiero del filosofo, ma predispone uno scenario molto più ampio e circostanziato. In primo luogo, la peculiarità politica della Repubblica olandese, contrapposta alle monarchie assolutistiche di Francia e Spagna, a cui si lega il predominio di una borghesia mercantile e imprenditoriale. Inoltre, l’appartenenza, sia pure con aspetti di conflittualità, alla intelligenza ebraica sovversiva rispetto alla linea platonico-cristiana. La stessa attività di Spinoza di intaglio e molatura delle lenti per fabbricare microscopi e telescopi implica una propensione per la scienza ottica e la tecnologia. Ne viene sul piano filosofico un giudizio di sovversione nei confronti della tradizione per una modernità nel suo nucleo propulsivo. Interessante e perspicuo l’Addendum sulla iconografia spinoziana e alcune foto legate al testo.
La sezione “Corrispondenze” ci porta in Corea del Sud, con il contributo di Irène Thirouin-Jung (“Giornale di bordo di una studentessa francese in Corea del Sud”). La descrizione del percorso di formazione e anche di progressivo innamoramento per la cultura coreana permette di misurare le molte difficoltà, teoriche e pratiche, che devono affrontare gli studiosi che si muovono a cavallo tra culture diverse. Il tentativo di integrazione e di istituzione di un dialogo passa non soltanto dalla comprensione della lingua e della tradizione culturale “altra” ma anche dal confronto, talvolta destabilizzante, con delle pratiche sociali e culturali inaspettate. La descrizione delle logiche che governano la vita universitaria in Corea del Sud è condotta da l’autrice con garbo e ironia e diventa l’occasione per ricordare che lo studio e la ricerca in altre nazioni non impone soltanto l’acquisizione di competenze nuove ma anche, o soprattutto, la pratica di nuove forme di vita.
La sezione “Pratiche filosofiche” si avvale dell’articolo inerente l’esperienza della sezione lombarda della Società Filosofica Italiana di Alessandra Modugno, Formazione alla (e per) la cittadinanza: un’esperienza e alcune riflessioni, realizzata in linea del Decreto ministeriale per l’insegnamento trasversale della Educazione civica. L’autrice descrive l’effettuazione per il 2021-2022 di un corso di formazione sul tema della cittadinanza articolato in due moduli. Nel primo è stata configurata una mappatura teorica dell’argomento dall’antichità ad oggi con l’intervento di docenti delle Università milanesi. Positiva è stato il coordinamento con il secondo modulo, nel quale si sono proposte attività didattiche innovative inerenti agli interventi del primo modulo, con l’obiettivo di tenere insieme i diversi aspetti dell’evento educativo quali contenuti e conoscenze, dimensione storica e teorica, ricerca e pratica sul campo. L’esito del corso è stato positivo per partecipazione degli insegnanti e qualità della proposta didattica delineata: una pratica filosofica da valorizzare e perseguire.
La sezione “Letture e eventi” si apre con Vincenzo Maria Di Mino che a proposito di “Max Weber, 100 anni dopo. Sguardi incrociati sulla sua opera” propone le letture di Massimo Cacciari, Il lavoro dello spirito, e di Realino Marra, L’eredità di Max Weber. Cultura, diritto e realtà. Seguono le recensioni di Federico Squillacioti su Il soggetto collaborativo: per una critica del capitalismo digitale di Gilberto Pierazzuoli, di Sara Fumagalli su Mieluson e di Franco Sarcinelli su Salvare il futuro. Dall’Homo hybris all’Homo pathos di Marco Manzoni.