PAUL RICOEUR TRA MODERNO E POSTMODERNO

Il titolo della “Questione filosofica” di questo numero, Paul Ricoeur tra moderno e postmoderno, rappresenta una novità nei confronti di una lettura più consolidata – e sicuramente appropriata – di questo filosofo, dunque, in certa misura, una sfida. Abbiamo provato a operare una rivisitazione delle sue opere, evidenziandone la tensione con due prospettive alternative, il moderno e il post-moderno, che nel tempo hanno mostrato i loro limiti. Partendo dal presupposto di ripensare la filosofia come pensiero critico della complessità, si ritrova in Ricoeur un ampio campionario di spunti innovativi su temi attuali quali la corporeità, la identità, la tecnologia, la spazialità urbana e naturale. Il suo percorso ricostruttivo, da lui stesso definito come voie longue, non perviene a esiti definitivi, ma attraversa molteplici spazi plurali di riflessione ai quali fare proficuo riferimento. In base a queste intenzioni, i contributi raccolti esibiscono una fedeltà “eterodossa” e non convenzionale a Ricoeur, convinti che la incompiutezza del suo itinerario filosofico ci inviti a oltrepassarne i limiti, facendo tesoro della parte più viva del ricco patrimonio ideale che ci tramanda. Come scrivono nella loro accurata Introduzione Alessandro Colleoni e Francesca D’Alessandris «la riflessione polifonica di Ricoeur ci invita a sfidare la logica binaria delle dicotomie e da “eterni principianti” che si interrogano sulla realtà, come avrebbe detto Merleau-Ponty, ad abitare la crisi come la forma più propria e autentica del pensare».
Nella sezione “Laboratorio” ritroviamo il tema del Mind/Body – centrale nel precedente numero 11 della rivista – secondo differenti approcci che arricchiscono il dibattito su una questione così rilevante nel dibattito contemporaneo. Davide Russo si concentra sul nesso co-evolutivo tra gesto, linguaggio e utilizzo degli utensili. In questo quadro interpretativo, il linguaggio sarebbe nato da un sistema comunicativo di gesti in un determinato contesto sociale e il ricorso agli utensili ha innescato un rapporto tra processi tecnologici e sviluppi cognitivi. Nel campo della educazione, il tener conto di questo nesso è centrale in quanto la narrazione si dispiega sulla realtà originaria del corpo e va assecondata in questa prospettiva. Maria Teresa Speranza nella prima parte del suo testo riprende la posizione di Leibniz che vede una eccedenza dell’intelletto sui sensi che Otto Apel trova radicalizzata nella celebre teoria della armonia prestabilita come un ultimo approdo del dualismo cartesiano. Nella seconda parte l’autrice fa riferimento ad autori della antropologia filosofica tedesca del ’900 quali Scheler, Gehlen e Plessner che tendono, sia pure con approcci diversi, a fornire una connotazione unitaria dell’uomo. In particolare, Plessner elabora la nozione di eccentricità che sottolinea la peculiare attitudine dell’essere umano, a differenza degli animali, a prendere distanza da sé mediante la autoriflessione. Sarebbe interessante, a nostro avviso, avviare in futuro un confronto rispetto a posizioni oggi circolanti sulla piena omologia animale/uomo, come quanto sostenuto nei cosiddetti Animal Studies. Un testo che per diversi aspetti richiama quello di Davide Russo presente in questa stessa sezione è “Marx e l’Embodied Cognition” di Felice Cimatti e Pietro Garofalo. I due autori propongono una interessante correlazione tra il pensiero di Marx e la RECS (Radical Embodied Cognitive Science), che con la nozione di affordance scarta il dualismo soggetto/oggetto assumendo la centralità del lavoro di ogni specie vivente nell’ambiente naturale. Ne viene che il mondo è fatto di relazioni e non di cose. Una rilettura del materialismo adottato da Marx nelle sue prime opere converge sulla idea che la categoria gnoseologica di bisogno informa il lavoro che trasforma il mondo naturale e nel contempo lo stesso corpo-mente del lavoratore. Questa sorta di naturalismo materialistico verrà assorbita nelle sue opere successive da Marx con la preminenza della concezione scientifica dello sviluppo storico e sociale. Passando alla sezione “Culture” Simona Gallo, studiosa di lingua e letteratura cinese, ci offre con “La declinazione della “coscienza” nella cultura cinese”, un testo da leggere con attenzione per cogliere attraverso l’analisi linguistica il fascino di un accostamento a una cultura millenaria quale quella cinese. Nel caso specifico la molteplicità e la ricchezza di forme e di accezioni semantiche a proposito di ciò che noi sintetizziamo con la parola coscienza. L’autrice organizza i lemmi prescelti secondo uno schema tripartito di coscienza: universale, individuale sociale, sui quali si sofferma con un ampio repertorio di riferimenti. A titolo esemplificativo, quello che per noi è la nozione comune di coscienza individuale viene connessa alla stratificazione plurisecolare del lessico filosofico di matrice buddhista. In conclusione, si dispiega uno scenario lessicale stratificato nel tempo a fronte di un variegato prisma di stimoli culturali e filosofici, un orizzonte inedito per noi da esplorare e da rispettare nella sua alterità.
La sezione “Intersezioni” accoglie un testo di Enrico Palma intitolato “Flights of angels. Gnosi, dolore e salvezza nella Recherche di Marcel Proust”. L’accostamento tra uno dei monumenti della letteratura del Novecento e una corrente filosofico-spirituale che molti lettori hanno scoperta grazie agli studi di Hans Jonas può parere azzardato. Eppure, Palma trova nella struttura della gnosi, con la sua narrazione di un esilio dell’anima in un mondo alienato e oscuramente turbato da un male radicale, che l’anima deve fuggire per ritrovare se stessa, una chiave per rileggere la Recherche. O forse, anche più, la “chiave” gnostica permette di comprendere l’esigenza e il dovere per Proust di farsi carico di quella ricerca del vero sé, o del sé sperato e voluto, di un sé immemoriale ma trovato nel ricordo, che è la Recherche. Fino alla gioia di una constatazione consegnata alle ultime pagine del romanzo, che in effetti non manca di affinità con il lessico dell’antica eresia: «Quanto più mi appariva degna, ora che sapevo che poteva essere illuminata, la vita che viviamo nelle tenebre, essere ricondotta alla sua verità, essa che viene falsata di continuo, per realizzarla infine in un libro!».
Per la sezione “Corrispondenze”, Ivan Risafi de Pontes propone una panoramica sulle “Sfide e traguardi alla Universidade Federal do Para di Belem”. A partire dalla propria esperienza di studente, studioso e docente, Risafi de Pontes illustra le peculiarità dell’insegnamento della filosofia in Brasile. L’analisi è lucida ma anche impietosa, sottolineando le grandi potenzialità ma anche le difficoltà, che devono trasformarsi in sfide, alle quali si trova confrontata questa disciplina in ambito brasiliano. Nel confronto con la tradizione europea, che Risafi de Pontes conosce bene per i suoi lunghi soggiorni in Germania, ne viene una immagine delle ricerche filosofiche più aperte alle ibridazioni tra discipline e alle esigenze di una interazione effettiva con la società e le tradizioni culturali brasiliane. Se, come spesso in Europa, alcune delle politiche educative illuminate si trovano poi impastoiate nelle trame della burocrazia o di inveterati malcostumi accademici, da questo ritratto della condizione della filosofia in terra brasiliana ne esce, per chi se ne occupa da questo lato dell’oceano, un chiaro invito a ripensare gli scopi e le ambizioni della disciplina.
Nella sezione “Pratiche filosofiche” si affiancano due contributi tra loro complementari. Lucia Ziglioli affronta il tema della offerta filosofica per la terza età, una attività complessa in quanto coinvolge persone di differente collocazione sociale e culturale. Diventa fondamentale elaborare una strategia didattica che tenga conto dei bisogni formativi da un lato e che accerti le disponibilità e le potenzialità di coloro che appartengono a questa fascia di età. Scavare nelle storie personali e attingere alle risorse della memoria personale diventa la premessa per chi conduce il gruppo di anziani ad attivare narrazioni di sé idonee a generare momenti di scambio e di riflessione collettiva e approfondimenti argomentativi. Valeria Salsi si sofferma sul senso da attribuire alle pratiche da adottare per restituire significato e valore alla esperienza di una malattia neurovegetativa come il Parkinson, che non concede ai pazienti la possibilità di guarigione e neppure di rilevanti regressioni. L’approccio terapeutico sostenuto dalla Logoterapia tende a integrare le componenti affettive, emozionali e relazionali oltre che quella riflessiva nel quadro della realtà esistenziale della persona affetta da questa malattia. Assume grande rilievo l’attenzione al corpo mediante l’esercizio di attività artistiche quali la danza e la musica. L’effetto di queste pratiche è la ripresa di serenità e armonia in un contesto psicosomatico segnato dalla sofferenza. Nella sezione “Letture e eventi” si trovano le recensioni di Riccardo Valenti su Emmanuel Lévinas di Xavier Tilliette, Federico Squillacioti e André Velasquez su Automi e persone. Introduzione all’etica dell’intelligenza artificiale e della robotica, a cura di Fabio Fossa, Viola Schiaffonati e Guglielmo Tamburrini, Gianni Trimarchi su Paul Ricoeur filosofo del ’900 di Franco Sarcinelli e Federico Maria Gatti su L’unico e la sua proprietà di Max Stirner. Per gli eventi, Elena Ruzzier documenta le giornate tenute presso l’Università Cattolica di Milano del XV Congresso Internazionale d’Études Kantiennes de Langue Française.
La sezione “Contributi speciali” contiene un omaggio al pensiero e alla figura di Salvatore Veca da parte di Franco Sarcinelli, che riprende nel testo In ricordo di Salvatore Veca la sua figura e rievoca in particolare un incontro di “Filosofia in circolo” con lui, a testimonianza della sua attenzione verso i giovani nella diffusione del suo messaggio filosofico. Segue un testo inedito, “Filosofia, scienza e tecnologia”, che Veca inviò come omaggio alla nostra rivista, offrendolo per la pubblicazione. L’argomento trattato e le riflessioni che l’accompagnano dimostrano la costante attenzione che egli ha riservato per le problematiche della società contemporanea e la lucidità teorica con la quale ha inteso affrontarle.

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