RECENSIONE A “USING WORDS
AND THINGS. LANGUAGE AND PHILOSOPHY OF TECHNOLOGY”, M. COECKELBERGH, ROUTLEDGE, NEW YORK AND LONDON, 2017
Fabio Fossa
Se è vero che la relazione tra esseri umani e strumenti è tanto intima da dubitare che si possano pensare i primi a prescindere dai secondi, delineare i tratti costitutivi dell’uso risulta assai più complesso di quanto possa sembrare. Il che è ancora più vero al tempo delle tecnologie dell’informazione, quando il mondo si popola di artefatti in grado di interagire con noi in maniera sempre più flessibile e efficace. Più l’interazione è facile, più l’imitazione è convincente, più le categorie concettuali e le parole con cui solitamente pensiamo e parliamo di strumenti cominciano a stonare e a lasciarci insoddisfatti, come se qualcosa che vogliamo dire rimanesse non detto. Quando diciamo che un’automobile a guida autonoma, un assistente vocale o un algoritmo di raccomandazione in fondo non sono altro che strumenti – come lo è un martello o una lavatrice – è evidente che qualcosa rimanga inespresso.